HINDENBURG play Led Zeppelin – RELICS play Pink Floyd
venerdì 13 Maggio 2016
Una serata davvero speciale, con due band per raccontare ed ascoltare due diversi e contrastanti frutti del grande Rock inglese: The RELICS suoneranno la musica dei Pink Floyd mentre HINDENBURG offriranno il meglio del repertorio degli inossidabili Led Zeppelin.
I Relics nascono nel 2013 e propongono la musica dei Pink Floyd in una formazione essenziale e senza fronzoli. Il repertorio copre tutta la discografia della band inglese, privilegiando quelli che sono stati gli album simbolo che hanno segnato in modo indelebile gli anni ‘70 e molta della musica a venire. Partendo da brani della produzione di Syd Barrett, il programma della serata sisnoda attraverso i momenti topici di “The Dark Side of the Moon” fino ad arrivare alle cupe introspezioni di Roger Waters con “The wall”, in un viaggio che non mancherà di riservare qualche piacevole sorpresa e alcune perle dimenticate e da riscoprire. Grande l’affiatamento dei quattro musicisti, tutti maturi ed esperti, con alle spalle precedenti collaborazioni musicali nel mondo delle tribute band romane, una garanzia per una serata che non vi deluderà certamente.
Alessandro Errichetti (Chitarra e voce) – Manfredi Roberti (Basso e voce) – Enrico Scopa (Tastiere e voce) – (Fabio Pollastri – Batteria)
Gli Hindenburg nascono nel 2011 dalle ceneri del decennale progetto “Moby Dick”. La band romana è attiva in tutta la penisola e anche all’estero dove ha partecipato a numerosi festival, a testimonianza della qualità delle loro esibizioni. Paolo Antonaroli (Voce) – Alessandro Belli (Basso) – Alessandro Errichetti (Chitarra) – Enrico Scopa (Tastiere) – Fabio Pollastri (Batteria
Pink Floyd - la storia
I Pink Floyd nascono nella seconda metà degli anni ’60 dalla frequentazione di quattro studenti, Roger Waters, Syd Barrett, Rick Wright e Nick Mason, mutuando il proprio nome dall’unione di quelli di due bluesman, Pink Anderson e Floyd Council. Nel 1966 i ragazzi iniziano a frequentare la nascente scena underground inglese, che ben presto assumerà contorni e connotati prettamente psichedelici. All’inizio del 1967 il gruppo pubblica il suo primo singolo, “Arnold Layne”, ritratto di un travestito che non manca di attirare attenzione sulla band, così come fa il successivo singolo “See Emily play”. entrambe le canzoni sono firmate da Syd Barrett, leader naturale della band e autore di gran parte del materiale relativo al primo album della band, THE PIPER AT THE GATES OF DAWN. Purtroppo il felice momento artistico dura poco, perché già verso la fine del 1967 Barrett inizia a dare segni di instabilità psichica, forse legata ad un uso eccessivo di sostanze lisergiche: il risultato è l’arrivo nella band, in qualità di quinto membro e poi di sostituto permanente di Barrett, del chitarrista David Gilmour. La presenza di Barrett, almeno a livello compositivo, continua a farsi sentire anche nell’album successivo della band, A SAUCERFUL OF SECRETS, uscito nel 1968 e accolto da un buon successo. Ancora meglio fa UMMAGUMMA, del 1969, seguito dalla colonna sonora del film MORE. I Floyd sfruttano il momento di grande interesse che li riguarda e con MEDLE affinano la propria formula musicale, che li conduce nel 1973 alla pubblicazione di un vero capolavoro, THE DARK SIDE OF THE MOON, l’album che supera tutti i record di vendita e popolarità e si piazza nella top 100 di Billboard per ben 741 settimane. Difficile scrivere un seguito a cotanto successo, ma i Floyd – ormai dal punto di vista compositivo nelle salde mani di Roger Waters – ci riescono rievocando il fantasma dell’amico-scomparso Syd Barrett, ormai definitivamente lontano dalla scena musicale e tornato a vivere in famiglia dopo anni pericolosi e bui. E’ per lui il titolo del nuovo lavoro, WISH YOU WERE HERE, e per lui è anche una splendida canzone come SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND. Da dopo WISH YOU WERE HERE, una certa megalomania d’intenti e una tendenza al concept album si impadroniscono della musica dei Floyd, che pubblicano ANIMALS e un altro album destinato ad entrare nella storia, il monumentale doppio intitolato THE WALL. L’album rappresenta il primo tentativo compiuto di autoanalisi da parte di Roger Waters, che a quel punto accentra sempre più su di sé il potere decisionale: per l’album successivo della band, THE FINAL CUT, Rick Wright è addirittura posto fuori formazione mentre i Floyd sono quasi retrocessi ad house band del progetto firmato dal solo Waters. Non è un mistero che THE FINAL CUT sia stato edificato da Waters come l’ultimo passo della carriera Pink Floyd: ma il bassista dovette a malincuore abbandonare le sue pretese relative all’inibizione dell’uso del marchio quando David Gilmour e Nick Mason, fiutato l’affare, ripartirono con un nuovo progetto musicale a nome Pink Floyd, avendo cura di attirare nella struttura Storm Thorgerson, già autore delle vecchie e indimenticabili cover della band, oltre al tastierista Rick Wright, nuovamente renitegrato. Mescolando abilmente qualità e nostalgie i Floyd nuova versione consegnano al mondo due album di studio, A MOMENTARY LAPSE OF REASON e THE DIVISION BELL e altrettanti live, DELICATE SOUND OF THUNDER e PULSE, a riprova di quanto fosse importante l’aspetto commerciale per la formazione che ha ora in David Gilmour il suo capitano. Nel 2000, arriva un nuovo live, questa volta dedicato a quello che unanimemente viene considerato il capolavoro dell’ultima fase dei Floyd, l’angoscioso e catartico THE WALL: IS THERE ANYBODY OUT THERE? THE WALL LIVE contiene registrazioni catturate da ben sette concerti dei Floyd risalenti al biennio 1980-81, ed è stato realizzato con il benestare di Waters e degli altri Floyd. L’aria di autocelebrazione continua con la pubblicazione nel 2001 di ECHOES, ‘best of’ in due volumi, in cui le canzoni – scelte direttamente dalla band – sono mixate a formare un’unica lunga suite. I Pink Floyd, compreso Roger Waters, si riuniscono nel 2005, suonando per il Live8, l’evento benenefico organizzato da Bob Geldof: la performance rinfocola l’interesse per la band ma i membri, dopo diverse speculazioni, negano ogni possibilità di reunion più duratura, dedicandosi alle proprie carriere individuali. Il 15 settembre 2008 scompare Richard Wright all’età di 65 anni. A sopresa, nel luglio 2014, la moglie di David Gilmour annuncia con un tweet la pubblicazione di THE ENDLESS RIVER, “nuovo” album dei Pink Floyd ricavato da incisioni effettuate tra il 1993 e il 1994 da David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright durante le session di registrazione di “The division bell”, e pensato proprio come un omaggi allo scomparso Wright
Led Zeppelin - la storia
I Led Zeppelin probabilmente passeranno alla storia per un singolare primato, difficilmente eguagliabile: contribuire in modo massiccio all’evoluzione della musica rock non inventandosi quasi nulla, ma, anzi, attingendo a piene mani dal repertorio blues e rock-blues degli anni 50 e 60 prima, e dal folk e dalla musica orientale poi. Eppure, il loro è un sound completamente fresco e quasi “rivoluzionario”, che lascerà segni indelebili nel futuro del rock’n’roll. Ed è proprio questa la grandezza degli Zeppelin, che sono stati capaci di giungere laddove altri gruppi britannici prima di loro avevano solo tentato di arrivare (come gli Yardbirds – in cui militò Page stesso – i Cream, il Jeff Beck Group – con cui collaborò John Paul Jones – i Kinks). I Led Zeppelin hanno saputo creare un suono unico, fondamentale, semplicemente vestendo con panni nuovi una musica che ormai cominciava a diventare vecchia. Una rivoluzione formale, basata in gran parte sul sound, talmente massiccia, però, da travolgere anche la sostanza, tanto da dare il la a buona parte dell’hard-rock sviluppatosi negli anni a venire, fino ad arrivare ai giorni nostri, nei quali è ancora ben visibile lo spettro del dirigibile su molte band. Ma non c’è solo l’immortalità delle canzoni dietro il mito dei Led Zeppelin. Page e soci, infatti, possono vantare una serie di piccole rivoluzioni che hanno cambiato la storia della musica. Furono i primi a raggiungere un successo di massa senza dipendere dalla programmazione radiofonica. Fino ad allora, radio e televisione erano state dominate dalle hit parade, e quindi dal 45 giri. I Led Zeppelin sfondarono senza mai entrare in quelle classifiche. Nemmeno il loro più grande hit, “Stairway To Heaven”, divenne mai un singolo. E anche la laconicità con cui intitolarono i primi album (alcuni privi persino del loro nome in copertina) segnò una rottura con la tradizione, che voleva i titoli dei dischi funzionali al marketing della band. Più ancora degli hit, ad attrarre moltitudini di fan furono le loro esibizioni dal vivo. Esibizioni che, sull’onda emotiva di Woodstock, riportavano il rock alla sua dimensione più selvaggia e genuina. I concerti dei Led Zeppelin erano pervasi da un’energia feroce, da una fantasia allucinata, da un furore quasi mistico. Erano baccanali assordanti e melodie folk, deliqui blues e sciabolate elettriche: un’orgia sonora dominata dai virtuosismi iper-veloci di Jimmy Page e dal canto stridulo e possente di Robert Plant. Il film “The Song Remains The Same” ne resterà la testimonianza più celebre
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