Riding Sixties tornano al Big Mama con una performance dedicata a GEORGE HARRISON e BRIAN JONES, membri fondatori rispettivamente dei Beatles e dei Rolling Stones.
Brian è nato il 28 febbraio 1942 e tragicamente scomparso nel 1969. Pioniere del blues in Inghilterra e in Europa, geniale arrangiatore, capace di arricchire il R&R di timbriche esotiche, studioso di musica etnica, protagonista e creatore dello stile visivo del Rock 60s, Brian Jones ha lasciato – nella sua breve e folgorante carriera artistica – una traccia indelebile nella storia del Rock.
George Harrison, nato il 25 febbraio del 1943 e scomparso nel 2001, è’ stato la chitarra solista dei Beatles e ha legato il suo nome a composizioni come While My Guitar Gently Weeps, Something, Here Comes the Sun. Ha organizzato nel 1971 lo storico “Concerto per il Bangladesh” primo concerto benefico nella storia della musica, in cui parteciparono anche Ringo Starr, Eric Clapton, Ravi Shankar e Bob Dylan.
I Riding Sixties – in attività da oltre 20 anni – nati per un concerto di fine anno in una scuola, si sono distinti nel tempo per la propria ricerca musicale e il sound. Sono stati il primo gruppo (o “complesso” come preferiscono definirsi con un termine ironicamente vintage) a fare delle sonorità e del mondo Beat un genere della musica live di oggi in Italia. Il loro menù include i grandi protagonisti della British Invasion: Kinks, Who,Animals, Them,Troggs e gli artisti di quel movimento anglo-italiano che è il Beat nostrano: Equipe 84, Rokes, Corvi, Primitives, Caselli. Infine Dylan, il Maestro americano, a cui possono dedicare un’intera serata (Mr Tambourine Band). Il loro ultimo CD “Coverband” esprime il loro orgoglio nell’essere stati tra i primi in Italia a promuovere il fenomeno attuale delle cover. Su questo punto intendono essere chiari: “Si parla di Cover e Tribute band a seconda che la band presenti una sua versione dei brani o punti pedissequamente a riprodurre sound e aspetto scenico degli artisti originali, imitandone gesti, posture, costumi fino ad arrivare all’uso delle parrucche. Ora, alcuni sono talmente bravi che riescono veramente nell’illusione scenica, che però nella maggior parte dei casi accentua drammaticamente le differenze tra “copia” e originale. Per noi il Rock dei 60, partendo da Beatles, Rolling Stones, Bob Dylan fa parte del repertorio della musica classica in senso stretto. Sui manifesti alla Scala in occasione dei concerti del maestro Muti non c’è scritto “Cover Beethoven”. E il maestro non si mette la parrucca alla Mozart o alla Bach a seconda del repertorio che esegue. La musica è un’arte interpretativa. Prende vita nel momento in cui qualcuno la suona. Si può eseguire ed interpretare in modo più o meno corretto, convincente e personale. E gli ascoltatori devono giustamente giudicare le differenze tra chi suona, e trarne le conseguenze”. Il pubblico ha dimostrato negli anni un affetto ed una stima sempre maggiori perle esibizioni dei Riding Sixties, nteressanti come una lezione-concerto e divertenti come una festa liceale. Diverse le personalità tra i componenti del gruppo: i due “vecchi” testimoni dell’epoca, Pietro Maria Tirabassi, voce e chitarra, e Enzo Civitareale, batteria e voce, che ha suonato con i mitici Corvi nel 1970. I “giovani” aggiungono un tocco di attualità al sound del gruppo: Marco Bertogna (monsieur Bertognaque), basso e voce, Simone Rauso (il Rauso), voce e chitarra, e “il maestro” Alberto Bolli al piano e voce. Il “complesso” dei Riding Sixties, oggi imitatissimo, ha raccolto anche il consenso e, a volte, la collaborazione di artisti come Francesco De Gregori, Shel Shapiro, Luigi Grechi, Roberto Ciotti, Lello Panico, Fulvio Tomaino.